Tunisia 2016 - carpediemOFFroad

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TUNISIA 2016
 
Ogni endurista è attratto dal deserto ed il deserto attrae gli enduristi.
 
E’ così, prima o poi la voglia sale a livelli altissimi… E allora non resta che partire.
 
CarpeDiemRaid è pronta, 6 moto e 4 auto, veterani e neofiti, è uguale, tutti con la stessa voglia, sogni che si avverano per la prima volta e sogni che è bello rifare, come fosse la prima volta.
 
Il gruppo parte da Civitavecchia, il 27 ottobre, direzione Tunisi, 24 ore di nave, si convive e ci si conosce, ma forse ci si è sempre conosciuti, stesse passioni, stesse energie.
 
La sera del giorno successivo, sbarcati, ecco la dogana di La Goulette, porta che fa entrare in un altro continente, nuovi odori inebrianti, poi via verso l’albergo di Hammamet, in sintonia perfetta.
 
Il risveglio non è dei migliori, abbiamo lasciato una terra che trema e la domenica mattina ha tremato ancora più forte, siamo lontani, impotenti e il pensiero va ai parenti e amici in difficoltà, il gruppo, chi più chi meno, è sottoposto alla prima prova, alla prima difficoltà, ma c’è poco da fare se non andare avanti, sempre in contatto con casa, ce n’è stata un’altra? Più piccola?
 
L’asfalto scorre e siamo a Douz, l’ultimo porto prima dell’avventura, quella vera, quella personale. Stefano ci accoglie alla Maison du Vojageur, immersa nel palmeto che sta elargendo i suoi frutti dolci proprio in questo periodo.
 
Ci siamo, siamo pronti, pieno di benzina, due passi in centro, l’aria è mite qua anche la sera, lontani da casa ma vicini a lui, il deserto.
 
Cena, chiacchiere, eccitazione che sale ed una notte, per molti agitata, prima del via.


 
Al mattino ci si alza decisamente prima della sveglia concordata, non si può perdere tempo, l’abbigliamento da moto esce finalmente dal borsone, c’è tutto, auto cariche, arriva anche Hedi, che questa volta ci accompagnerà per tutto il raid, persona di valore assoluto, un saluto a chi resta alla Maison e via.
 
Auto e moto si separano, questa è la condizione che abbiamo organizzato: due mezzi diversi, due andature diverse, itinerari necessariamente diversi, non è facile da gestire, ma da una parte l’esperienza di chi guida il gruppo di moto, dall’altra la perfetta conoscenza dei luoghi della coppia Stefano/Hedi, fa si che si possano concordare punti di incontro per fare i rifornimenti e due chiacchiere e comunque c’è sempre il telefono satellitare come paracadute.
 
I primi chilometri sono sempre i più esaltanti, la prima sabbia, riprendere, o prendere, confidenza con il nuovo ambiente, combattuti tra stracciare la manetta del gas o tenere un atteggiamento prudente, l’orizzonte infinito che ti attrae e poi, tra sguardi che cominciano a prendere quella luce che solo qua puoi vedere, ecco Tembaine, il primo campo, il primo fuoco, la prima cena tunisina nel deserto, fantastica. Il gruppo è una persona sola e quattordici persone allo stesso tempo, anzi sedici con Stefano e Hedi che sono ormai dei nostri. Non c’è luna, stelle che si toccano con la mano, parole mai banali.


 
La prima alba nel deserto, va goduta in silenzio, tracce che partono in direzioni opposte, è un momento intimo, anche perché fare la pipì con qualcun altro ora non ha senso…
 
Colazione, pane cotto sulla sabbia, caldo, con la Nutella che si scioglie sopra, la giornata ha inizio ora, motori che si accendono, abbigliamento che ancora deve prendere di quel “personale” che ha bisogno di ore di sudore per formarsi.
 
Auto da una parte e moto dall’altra, la prima sabbia del mattino sa essere fetente se ancora si ha la forma del materassino addosso, alti sbruffi rossi si alzano dalla ruota posteriore quando si è arrivati troppo titubanti sulla cima della duna, si gira e si riprova, va sempre meglio, con il sole un po’ più alto già si vola e si derapa e si salta, un occhio agli altri, si ci sono tutti, e via, sempre più leggeri, sempre più verso sud.
 
I Dekanis, un po’ di pietra tra la sabbia, soste silenziose che riempiono il cuore e paesaggi che inebriano la mente, un’arrampicata sulla vetta che ci riporta un attimo alle mulattiere di casa, o forse no.
 
Un altro campo prima del grande cordone che ci separa dalla sorgente di Ain Ouadette. Un altro fuoco che ispira pensieri che questa volta vengono fuori, parole grandi e ancora mai banali, questa è la magia del deserto, questa è la magia di un’altra notte senza luna.


 
Svegli, questa volta si fa sul serio, dune alte, si cercano i passaggi senza tracce, vergini, almeno quelli. Giù per le ripide discese, si cercano quelle più alte, soli, moto che urlano ma che sanno anche stare in silenzio.
 
Arrivare alla sorgente è sempre un momento particolare, una meta che in mezzo a tutta questa sabbia è più di una meta, le auto sono già lì, tutti in acqua per l’ambito bagno, acqua calda che sgorga infinita, Ain Ouadette è un pozzo di prospezione petrolifera non chiuso, lasciato per dare vita a chi la vita se la conquista in mezzo a questo nulla, pastori che vivono qua, presenze invisibili.
 
Il ritorno al campo, lasciato montato, è ancora più eccitante, ormai i gesti sono fluidi, le traiettorie più sicure, il sole che scende crea ombre che aiutano a leggere la sabbia.


 
Un altro campo, un'altra cena, il gruppo è sempre più affiatato come raramente mi è capitato di incontrare. La conferma che la riuscita del viaggio dipende dai viaggiatori e di viaggiatori è pieno questo gruppo!
 
Un’altra alba, uguale ma diversa, come siamo diversi noi ogni giorno che passa. Il pane caldo, appena cotto, la solita Nutella che si scioglie sempre meglio, il caffè nero, elementi perfetti per iniziare un altro giorno.
 
Ed in questo nuovo giorno gli scenari cambiano, si va verso est, sabbia e pietre e monti, a volte si lambiscono, Dekanis es Sghar, Gour el Kleb e poi El Mida, con il suo pozzo di acqua fresca e chiara che ci buttiamo addosso, neanche fossimo da giorni nel deserto… Fossili di ostriche, di pecten, di coralli, non solo motori quindi, ma anch’essi apprezzatissimi perché questo è un gruppo di viaggiatori.
 
Ancora a est e prima di uscire dall’erg l’ultimo campo nel deserto, pensieri che rivanno ai giorni passati.


 
L’uscita è discretamente ostica, come a voler trattenerti dentro il ventre di questo mare di sabbia, sensuale ma anche ostile se sottovalutato. Ormai si viaggia in scioltezza, Ksar Ghilane e il bagno nella sua vasca, bar, turisti arrivati con l’asfalto che ora è presente fino al laghetto, l’atmosfera è cambiata ma noi no, siamo quelli sporchi di prima. Ultimi passaggi di dune, al Bibene tiriamo dritti, fino al Cafè de la Porte du Desert, ma per noi è la porta di uscita.
 
La sera alla Maison è tutto un ricordare i momenti di questi giorni, cinque giorni che sembrano cinquanta, con quella luce negli occhi che speriamo non ci abbandoni, ancora per un po’.
 Con Giorgio, Cristiano, Francesco, Marco, Andrea, Artemio, Samuele, Marco, Maurizio, Marco, Giancarlo, Fulvio, Daniele e Giuseppe.
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